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Capodanno tutto l’anno!…Il Boishakhi Mela

Durante una chiacchierata avevamo scoperto che a Roma si festeggia il Boishakhi Mela, cioè il Capodanno o Nuovo Anno bengalese. Questa notizia ci aveva incuriosito e ci eravamo ripromessi di andarlo a scoprire con i nostri occhi. Poi, come sempre, il tempo passa, gli impegni incalzano e ce ne siamo dimenticati.
Per fortuna abbiamo il vizio di iscriverci ad ogni tipo di newsletter e, anche se il 90% delle volte odiamo quelle mail che si accalcano con non poca invadenza nella nostra casella di posta, talvolta sono utili memorandum; infatti solo grazie alla provvidenziale newsletter di romamultietnica (sito che consigliamo a tutti i curiosi) siamo riusciti ad andare a questa festa.
Allora da dove iniziare? Beh forse da un po’ di nozionismo, no? Noi non sapevamo nulla, quindi pensiamo che ci sarà qualcun altro nell’etere ignaro di feste del continente subindiano che potrebbe essere interessato a quello che abbiamo scoperto leggendo qui e lì. Mica saremo gli unici ignorantelli, uff! E se sapete già tutto siate accondiscendenti e non diteci nulla, guardateci con il sorriso bonario che si riserva ai bimbi quando ci comunicano le loro prime scoperte importanti.
Allora il Boishakhi Mela si festeggia a Boishakh il primo mese nel Calendario del Bangla. Il Boishakh, noto per le tempeste pomeridiane, è il mese che coincide con la stagione della raccolta del riso e segna l’inizio dell’estate e di tutte le attività economiche.
Inoltre questa è una festività nazionale e per questo unisce tutti i membri delle differenti comunità bengalesi, indipendentemente dalle non poche differenze religiose: si pratica l’islam (ci sono sunniti, sciiti, ahmadiyya), l’induismo, il buddismo (molti Theravada), il cristianesimo (per lo più sono cattolico romani) e l’animismo, insomma un bel guazzabuglio. 
Altrettanto variopinto è il Capodanno a cui abbiamo partecipato noi (pare che quello romano sia il quarto al mondo per importanza): begalesi, italiani, indiani, rastafari, insomma un bel momento di incontro e di scambio culturale. E noi che abbiamo fatto? Abbiamo girato fra gli stand di artigianato indiano, ballato al ritmo del Raga, ascoltato il suono di tabla, sitâr e harmonium mischiarsi con batterie e chitarre elettriche e poi, ovviamente, ci siamo dedicati alle degustazioni della cucina sud asiatica!
Tutto quello che abbiamo assaggiato ci è piaciuto molto, ma la cosa che ci ha maggiormente colpito è stato un piatto semplice, venduto in cartoccetti a portar via, lo jal mori. 

Per sapere più dello jal mori dovrete aspettare la prossima settimana…la ricetta è introvabile.

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